4 chiacchere con: GIORGIO RONDELLI

Qualche giorno fa ho avuto il grande onore di poter scambiare quattro chiacchere con uno degli allenatori che sono entrati nella storia dell’atletica italiana: GIORGIO RONDELLI. Oggi è il coach della campionessa in carica di Maratona Giovanna Epis e della giovane promessa dell’atletica Nicole Reina che ad oggi ha già vinto 28 titoli italiani giovanili e detiene 7 record italiani della categoria allieve. In passato ha allenato campioni del calibro di Cova, Panetta, Goffi e tanti altri.

Pronto per andare in Giappone questa estate?
Se mi portano si. Altrimenti mi guarderò le gare su eurosport facendo il tifo per la mia atleta Giovanna Epis selezionata per la maratona.

Il fatto che all’estero gli atleti, come ad esempio Jakob Ingebrigtsen, possano gareggiare e confrontarsi fin giovanissimi con atleti di categorie assolute, può essere un fattore di crescita che li avvantaggi? Ricordo che in Italia a 22 anni si è ancora Promesse.
Assolutamente si. Ne sono convintissimo. Anch’io nel mio piccolo ho fatto gareggiare le mie due gemelle Anna e Sofia di 11 anni su distanze diverse da quelle della loro categoria. Anche sui 5 km.

Un amatore di 40/45 anni può ancora fare 90 km alla settimana di allenamenti uscendo tutti i giorni senza rischiare di infortunarsi oppure è meglio tirare i remi in barca e inserire qualche giorno di riposo in più?
Credo che un giorno di recupero, soprattutto se una persona ha una vita professionale molto stressante sia opportuno. Dovendo scegliere opterei x il venerdì in modo da arrivare più fresco agli allenamenti del week end.

Come ha vissuto gli ultimi 400 metri di Cova ai Mondiali di Helsinki? O sarebbe più corretto dire gli ultimi 150 metri…
Ero in tribuna all’altezza della partenza dei 100 metri. Avevo sensazioni positive anche se ad un certo punto Alberto era fuori dalla zona medaglie. Poi in un attimo tutto si e capovolto. Ho sofferto molto di più agli europei di Atene nel 1982 e soprattutto alle olimpiadi di Los Angeles 1984.

Il 16 febbraio su running.gazzetta.it lei scrive dei tempi pazzeschi registrati alla mezza maratona di Yamaguchi. Cito testualmente: “26 atleti sotto i 62 minuti, 65 sotto i 63 minuti, 105 sotto i 64 minuti, 133 sotto i 65 minuti, 162 sotto i 66 minuti e 185 sotto i 67 minuti. L’ ultimo arrivato, classificatosi al 221 posto, ha chiuso in 68.49!” Lei si è dato una spiegazione di come facciano degli impiegati giapponesi a correre una mezza ai 3:10 km/h?
Credo per una somma di motivi. Prima di tutto la mezza maratona è lo sport nazionale in Giappone. Poi ci sono aiuti economici delle varie aziende a supporto degli atleti. Sicuramente preparano la mezza maratona in maniera specifica non solo come disciplina intermedia fra i 10.000 e la maratona.

Qual’è la cosa che le piace di più del suo lavoro?
La possibilità di realizzare certi sogni facendoli diventare realtà.

Se lei fosse il Ministro dello Sport, quali sarebbero i 3 punti principali del suo programma per rilanciare l’atletica italiana?
Supporti economici alle società civili che non devono essere più parenti povere dei club militari che ne sfruttano il lavoro. Creare un albo professionale dei tecnici di atletica leggera con un certo numero di essi distaccato dal ruolo di insegnante per poter lavorare a tempo pieno con la federazione.

Da allenatore ha vissuto centinaia di gare: qual’è stata quella che ricorda con più piacere e quale vorrebbe “cancellare”?
Forse la prima vittoria nella coppa campioni di cross nel 1987 a Clusone con Panetta Cova Gozzano e Demadonna. Con la mia società la Pro Patria la inseguiva da anni. Cancellerei la beffa subita dalla coppia Cova Panetta nei 10.000 metri degli assoluti del 1983 allo stadio olimpico quando si distrassero colpevolmente e si fecero recuperare circa 60/70 metri negli ultimi 400 metri dal bravo Loris Pimazzoni. Prematuramente scomparso pochi anni fa.

Panetta nel suo libro scrive: “Il tecnico non deve solo preparare le tabelle, ma deve essere una presenza costante nella vita di un atleta”. Quanto è importante il ruolo anche psicologico di un coach?
Francesco ha ragione. L’aspetto psicologico è la chiave di volta per riuscire a trasformare un buon atleta in un campione. E’ anche una dote che può essere migliorata e coltivata nel tempo in base alle esperienze positive o negative che si sono vissute con i propri atleti.

Canova e Rondelli. Due allenatori con una filosofia molto simile: “Se non ci si allena ai limiti non si può pensare di andare forte”. Entrambi, oggi, allenate dei grandissimi campioni. Ma oggi ci si allena come anni fa?
Chiaro che oggi ci sia stata un ‘ evoluzione rispetto a 30/40 anni fa. Che non sempre paga in risultati per difetti di programmazione agonistica. Comunque sia, come dice il mio amico Renato Canova: verso l’allenamento bisogna avere un atteggiamento aggressivo e non di paura. Bisogna insomma mettersi in gioco. Soprattutto oggi come oggi bisogna lavorare in modo più professionale già dai giovanissimi di 9/10 anni responsabilizzandoli e non andando dietro ai soliti luoghi comuni che i ragazzi si devono divertire facendo lo sport.

Dopo tanti anni di carriera e premi vinti, quali altri obiettivi si pone Giorgio Rondelli?
Che una o entrambe le mie gemelle Anna e Sofia classe 2009 un giorno vincano un titolo italiano e vestano la maglia azzurra.

Se volete saperne di più a questo link trovate tanti video degli allenamenti del coach Rondelli.

©Riproduzione Riservata

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