4 chiacchere con ALESSANDRO LAMBRUSCHINI

40 volte in maglia azzurra, 4 partecipazioni ai campionati del Mondo, 3 partecipazioni ai Campionati Olimpici, 4 partecipazioni ai Campionati Europei, 2 partecipazioni ai Giochi del Mediterraneo, 6 volte campione Italiano dei 3000 siepi, 9 vittorie in finale di Coppa Europa. WOW!!

Ma il grande Lambruschini, oggi, si sente più Emiliano o Toscano?
Rimango sempre Toscano e lo dimostra il fatto che tutte le volte che ritorno li, ho ricordi e sensazioni bellissime, anche se ho la fortuna di vivere in una bellissima città come “Modena”.
Nel 2019 sei stato nominato Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, il più alto degli onori della Repubblica Italiana. La ciliegina sulla torta di un’importante carriera. Com’è stato ricevere questa onorificenza?
E’ stato molto emozionante andare a Palazzo Chigi e ricevere la pergamena di Cavaliere perchè mi sono reso conto di avere scritto una parte di storia dell’atletica italiana
Ho dato un’occhiata ai tuoi tempi e sono impressionanti. Ne cito solo alcuni: 2:18.12 sui 1000 metri (Viareggio 3 agosto del 1988), 13.30:96 (2.42 al km/h) sui 5000 metri (Roma 27 giugno 1993), 28.32:8 (2.51 km/h) sui 10000 metri (Rubiera 20 aprile 1996). Quanti sacrifici deve fare un atleta per arrivare a questi livelli?
Sicuramente molti sacrifici e molte rinunce che però data la grande passione per quello che facevo e grazie anche ai risultati che ottenevo allenandomi, non mi sono mai pesati veramente. Avevo la fortuna di aver trasformato un talento in passione.
Fra le tue gare più famose c’è sicuramente Helsinki 94 e Atlanta 96. Io però voglio chiederti: c’è una gara a cui sei affezionato, che ricordi con piacere, che però non viene citata dalle cronache?
La mia prima vittoria al Golden Gala nel 1988 prima delle Olimpiadi di Seoul perchè è stata la vera conferma del mio valore a livello internazionale.
C’è stato un atleta che hai ammirato o a cui ti sei ispirato?
Si, Venanzio Ortis per la sua splendida vittoria ai Campionati Europei di Praga 1978. Ricordo la sua volata finale verso il traguardo e l’ho voluto emulare fin da subito.

È vero che hai sfiorato il primato sui 3000 siepi (8’08’’78) perché a qualche metro dal traguardo eri così felice del risultato che ti sei “attardato” a salutare la tribuna?
Si, purtroppo è vero, ma ero così felice del risultato che non mi ero reso conto del tempo.
Quando eri in ritiro ad una manifestazione importante come le olimpiadi, come erano organizzate le tue giornate?
Il tempo era scandito attorno ai due allenamenti quotidiani, il resto era riposo e una sana alimentazione; non mancavano però i momenti di socializzazione con il resto della squadra.
Ti è dispiaciuto non essere stato coinvolto dalla Federazione a fine carriera per un ruolo da coach, magari nel settore giovanile?
No, non mi è dispiaciuto perchè non era nei miei programmi.
Gli infortuni quanto hanno penalizzato la tua carriera?
Moltissimo specialmente a fine carriera quando mi sono dovuto operare per la seconda volta ai tendini d’Achille
Sembrano lontani i tempi in cui tu e “Spino” tenevate dietro i keniani. Oggi, purtroppo, la fanno da padroni in diverse discipline. Cosa c’era allora che manca oggi?
Già da allora la facevano da padroni in diverse discipline, forse oggi c’è meno voglia di far fatica per ottenere i risultati.

Pellegrini, Chittolini e Gigliotti. Ci racconti una cosa in particolare che ognuno di loro ti ha insegnato?
Pellegrini: il primo allenatore che si è accorto del mio talento e mi ha dato la consapevolezza delle mie qualità.
Chittolini: è riuscito ad adattare gli allenamenti al mio carattere e ai miei “tempi”.
Gigliotti: non ha mai permesso che il mio carattere influisse sugli allenamenti……ecco perchè sono state due figure complementari nella mia crescita.

Quando si è sulla linea di partenza di una olimpiade cosa passa per la testa di un atleta come te che ne ha fatte 3?
Credo che una delle mie qualità sia quella di riuscire a “estraniarmi” dal contesto esterno, ero contro me stesso, ammetto che alzando gli occhi sullo stadio gremito , la tensione era tanta.
Alla tua seconda Olimpiade, nel 92 a Barcellona, hai conquistato il quarto posto dietro ai Keniani. La speranza però era di salire sul podio. Com’è stata la settimana dopo la gara?
I giorni subito dopo la finale sono stati terribili: volevo smettere per la delusione!
Oggi di cosa ti occupi?
Oggi sono un padre orgoglioso, un marito nonchè genero di Gigliotti! Lavoro presso la Polizia di Stato in Prefettura a Modena.
Corri ancora?
E non solo! Vado in bicicletta da corsa, gioco a calcetto e a padel